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Alla metà del XIX secolo, quando la rete ferroviaria attraversò per la prima volta i confini nazionali dei singoli Paesi, lo scenario culturale europeo cambiò radicalmente. Grazie all'avvento del treno, artisti, scrittori e filosofi di tutta Europa entrarono in contatto, alimentando una circolazione del sapere fino a quel momento impensabile. La rivoluzione tecnologica e il fermento capitalistico investirono anche il mondo intellettuale, portando alla crescita del mercato editoriale, alle esposizioni universali, al successo della lirica e dell'arte, alla moda dei soggiorni all'estero, e avverando così il cosmopolitismo tanto anelato dagli illuministi. In breve tempo in tutta Europa si cominciarono a leggere gli stessi libri, riprodurre gli stessi dipinti, suonare la stessa musica e ascoltare gli stessi concerti. Basandosi su lettere e diari di collezioni archivistiche in parte inesplorate, lo storico inglese Orlando Figes racconta la genesi della «cultura europea» servendosi del triangolo amoroso che coinvolse il romanziere Ivan Turgenev, l'autore russo più famoso prima dell'avvento di Tolstoj, la mezzosoprano Pauline Viardot, conosciuta fin negli Stati Uniti, e il marito di lei, Louis, mecenate, traduttore e critico d'arte. Coltivando i rispettivi contatti, Turgenev e i Viardot svolsero un'importante intermediazione, incoraggiando scrittori, artisti e musicisti e aiutandoli a ottenere un successo internazionale. Nei salotti da loro frequentati, infatti, passarono musicisti come Chopin, Cajkovskij e Schumann, scrittori come Flaubert, Dickens, Eliot e Sand, nonché pittori come Courbet, Rousseau, Corot e Delacroix. Nel secolo dei nazionalismi che fomentarono lo scoppio della prima guerra mondiale, la diffusione di un patrimonio culturale comune permise a un numero crescente di europei di scoprire un'appartenenza condivisa alle idee e agli stili che distinsero l'Europa dal resto del mondo. "Gli europei" è un viaggio che accompagna il lettore nelle capitali del Vecchio continente, passando dal chiacchiericcio dei teatri londinesi alla boria dei caffè parigini, dagli affollati salotti tedeschi alla scaltrezza degli impresari teatrali milanesi. In un periodo in cui il sapere veniva sostenuto e sovvenzionato da regnanti e mecenati, le arti furono capaci di avvicinare i popoli molto più della religione o delle convinzioni politiche, rivelando che l'identità nazionale non è che il risultato di un dialogo costante con chi vive al di là dei propri confini.